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L'incontro con don Franco

Erano passati quasi sei anni dalla mia ordinazione, la città si tappezzò di manifesti del Circo Medrano. Ecco, pensai, questa volta non mi sfugge l’occasione. Medrano era il circo in cui fu celebrata la messa parrocchiale anni prima e che mi aveva ospitato  per lo spettacolo. Il volto di quella signora alla cassa e poi a cavallo mi era rimasto impresso; non conoscevo il suo nome, ma l’avrei cercata e ricordato l’episodio passato … avevo preso la decisione di aprire un varco. Io sono un timidone, mi impaccio facilmente e, se sono abbastanza deciso quando c’è da aiutare qualcun altro, se devo fare qualcosa per me tendo a tirarmi indietro. Eppure all’ora del primo spettacolo mi avvicinai alla cassa e cominciai a sbirciare per ritrovare quel volto che conoscevo, non fu difficile. Aspettai che la fila si scorciasse, che non ci fosse più nessuno alla biglietteria e poi presi coraggio e mi presentai. La signora Jonne fu gentilissima, non credo che si ricordasse molto della mia persona ma fece finta. Scoprii un po’ di tempo dopo che aveva una particolare sensibilità religiosa ed era lei che manteneva viva la religiosità della sua famiglia, quando poteva andava nella parrocchia vicina al circo a chiedere di celebrare la messa per i propri defunti anche se poi non avrebbe avuto la possibilità di partecipare, i soliti problemi di orario. Fu così che incontrò qualche anno prima don Pierluigi Betti, il Parroco di Sant’Agostino, che le fece la proposta di dirottare la messa parrocchiale della domenica al circo.
La signora Jonne mi stava accompagnando verso un posto in circo quando mi domandò se conoscevo don Franco, il “nostro cappellano”. Rimasi come allibito, mi si apriva davanti un mondo.
Don Franco Baroni era un prete di Lucca, estroverso, generoso, fortemente capace di relazioni. Tra gli anni '60 e '80 è stato il cappellano nazionale per lo spettacolo viaggiante, aveva iniziato con i Sinti e i Rom fermatesi in lucchesia con alcune intuizioni a dir poco profetiche per poi allargare il suo campo d’azione.
 «Dare a tutti i componenti del circo, oltre al servizio religioso, testimonianza di fede, disponibilità al dialogo personale nelle carovane, partecipazione e solidarietà nei momenti tristi – diceva don Baroni – è un impegno fondamentale da parte mia e di ogni sacerdote che è riuscito a inserirsi in questo particolare apostolato. La vita del circo, pur essendo a contatto con il pubblico, trascorre in un certo spirito di isolamento nel tempo e nello spazio. Ed è qui che vedo l’importanza del sacerdote, conosciuto bene dalla gente del circo, e quindi accettato, al quale ci si può confidare» (Servizio Migranti, Quaderno n.54).

Una sfida, quella di don Franco, che non si è fermata neanche durante la grave malattia che dal novembre 1984 lo costrinse al ricovero finché non chiuse gli occhi il 20 maggio dell’anno successivo. Anche da quel letto di sofferenza don Franco ha continuato ad essere punto di riferimento per gli amici del viaggio.
Disse di lui l’arcivescovo di Lucca, monsignor Giuliano Agresti:  «ha scelto una testimonianza sacerdotale consona alla sua natura. In fondo era un “nomade” anche lui e un fanciullo che la favola del circo stregò. ... Ma pur nella sua forma atipica di vita, egli era un serio uomo di Chiesa. Fermo e mobile, come conviene ad un “nomade” di Dio, sempre nell’obbedienza alla Chiesa» (Cfr. In Cammino, Luglio, 1986).
L’incontro con don Franco mi fu fatale, poche chiacchiere e subito a lavoro: mi portò nella carovana che fungeva da scuola viaggiante mi presentò i bambini del circo e mi chiese di completare il catechismo ed organizzare la Messa di prima comunione. Oggi si direbbe una “full immersion”. Mi lasciò solo in mezzo a quella gente sconosciuta che niente aspettava se non quello di essere apprezzata per quello che è; lo spettacolo non mi interessava più.
Con don Franco mi incontrai spesso, ci vedevamo a Lucca o andavamo a trovare qualche famiglia del circo, mi fece conoscere persone e storie, cominciai ad aiutarlo nella redazione della rivista “In Cammino”. Fu una amicizia intensa, diretta, senza orpelli che mi permise di scoprire il grande dono della Provvidenza: quante volte, infatti, quando mi telefonava per andare da qualche parte mi trovava completamente in bolletta ma lui aveva le risorse per entrambi e quando, viceversa, io avevo denaro sufficiente Franco mi confessava candidamente di essere “a corto”. Stranamente non sono mai mancate le risorse, ognuno compensava l’altro, raramente eravamo ambedue in forze e mai ci siamo trovati in difficoltà.
Colpito dal male, non rinunciò a viaggiare ed incontrare la sua gente a cui voleva bene e da cui si sentiva amato. Battesimi, Matrimoni, Funerali erano le occasioni di incontro, di amicizia, di catechesi. Ogni incontro era un esercizio di pazienza, di attesa, per rimodularsi su ritmi e tempi che non sono quelli abituali perché appartengono ad un mondo altro. Lo accompagnavo, lo osservavo … è stato per me una lezione di vita, un Vangelo aperto.
Quando la malattia divenne più virulenta mi impegnai maggiormente nell’accompagnarlo nei suoi viaggi, anche se questo itinerare chiedeva un supplemento di pazienza per le molte necessità e le infinite soste. Ma la caparbietà di quell’uomo era più forte del male e la sua lezione sempre più pregnante.

Mi portò a Roma, così conobbi l’OASNI, (Opera Assistenza Spirituale Nomadi in Italia), opera voluta da don Dino Torreggiani di Reggio Emilia, proprio per manifestare la presenza significativa della Chiesa nel mondo delle carovane. Conobbi l’Istituto Secolare dei Servi della Chiesa con don Angelo Scalabrini che dirigeva l’OASNI; mentre don Giovanni Pistone della Diocesi di Acqui si occupava dei Luna Park, don Mario Riboldi di Milano viaggiava con gli zingari e, naturalmente, don Franco Baroni per il Circo. Ho partecipato ad incontri e convegni. Accompagnai don Franco nelle Udienze Pontificie a cui partecipavano gli artisti del Circo, lo aiutai ad organizzare spezzoni di spettacolo, alla sera, per i Vescovi che partecipavano all’Assemblea Generale della CEI che allora si teneva alla Domus Mariae.